L’endometriosi è una patologia dell’apparato riproduttivo femminile che riguarda la crescita e la maturazione ciclica della mucosa uterina in sedi anomale al di fuori dell’utero.
Questo mi riguarda in prima persona ed è stato un bel viaggio per mettere alla prova tutto quello che fino al 2015 avevo solo letto sui libri e applicato sugli altri.
Lo dovevo a me stessa, ai clienti e ai medici che mi danno la possibilità di collaborare con loro per accompagnare le persone nella malattia.
Dopo alcune prospettive a dir poco catastrofiche mi sono affidata ai medici con cui lavoravo da tempo che mi hanno seguita in quello che sembrava un azzardo: non farmi operare.
Voglio essere chiara, ho deciso di non farlo dopo molte riflessioni ma soprattutto con il consenso della ginecologa che si è messa a disposizione per monitorare costantemente la mia situazione, con la promessa che non appena avessimo notato peggioramenti sarei corsa a fare il pre-ricovero per l’operazione.
Il mio non è mai un invito ad abbandonare gli ospedali ma solo un accompagnamento per vivere in modo diverso il disagio e la malattia.
I medici fanno il loro lavoro e vanno ascoltati e seguiti.
Sappiamo che dietro ogni sintomo c’è molto di più, quindi vale sempre la pena capire cosa c’è dietro insieme a quello che è palesato dalla diagnosi.
Per prima cosa grazie, come sempre, alla dott.sa Milena Ribotto ho corretto l’alimentazione
aumentando il consumo di : crucifere, avocado, tè verde, curcuma, zenzero, carciofi
selezionando bene le proteine animali da assumere e riducendo al minimo il consumo di latte vaccino e derivati, grano e cereali di tutte le specie.
I significati dell’endometriosi sono diversi a seconda delle scuole di pensiero.
Il bisogno di maternità, problemi rispetto al nido (l’endometrio che deve diventare la casa dell’ovulo fecondato non svolgendo la sua funzione se ne va in giro), conflitti con la femminilità, con la sessualità, con la madre e l’essere madre…
ho passato mesi a leggere e rileggere le varie interpretazioni sui libri cercando la mia storia.
Diciamo che alla fine ho scoperto che ero un bel minestrone di un po’ di tutto e che nessuna di queste cose in particolare era la mia chiave di volta.
E quindi? Potevo proprio io che dicevo agli altri di capire non capire?
La conclusione è stata che oltre a capire era il momento di fare.
Con l’aiuto del dott. Compostella e del dott. D’Angiuro, ho compreso che dovevo cambiare qualcosa nel mio sistema, nel mio campo.
Ci ho messo più di un anno, quando le cose riguardano noi siamo sempre i peggiori.
Ho iniziato a fare piccoli cambiamenti e poi grandi cambiamenti ed infine ho preso un aereo e sono andata da sola in India, sono uscita dal sistema.
Nel frattempo la ciste all’ovaio aveva già iniziato a ridimensionarsi fino a diventare un quarto.
Ancora non avevo capito ma avevo iniziato a cambiare qualcosa.
Lì ho capito che non basta capire se non si agisce un qualche cambiamento per uscire dalla routine.
Non devi per forza andare dall’altra parte del mondo, basta solo modificare il modo di percepire le cose.
Come è andata a finire?
Sono passati anni, questo evento mi ha dato la possibilità di migliorare nel mio lavoro di capire cosa mancasse.
La ciste è ancora li piccolina e sempre sotto controllo medico.
Non ho ancora avuto figli ma non per colpa della ciste però ho dato vita ad un nuovo modo di lavorare.
Cosa c’era dietro?
Per tutta la vita mi ero detta che entro i 29 anni avrei voluto un figlio, probabilmente il mio corpo avendo visto che non arrivava deve aver pensato che qualcosa stesse andando storto e ha pensato bene di sopperire a quella mancanza mettendoci qualcosa al posto suo.
Siamo fatti di tante componenti: alimentazione, campo, famiglia, amici, eventi ed emozioni, e vale sicuramente esplorarle tutte cogliendo la “malattia” come opportunità di crescita.