Adhd, disturbi dell’attenzione, spettro autistico e dislessia. Tutte definizioni per definire quei bambini che una volta erano quelli come me: “sarebbe brava ma non si applica”. Oggi invece quella che una volta era definita pigrizia è chiamata “malattia” o disturbo. Questi bambini hanno delle difficoltà riconosciute e finalmente sono stati studiati programmi e metodi di studio alternativi per aiutare i vecchi pigri a fare un po’ meno fatica. Non che i pigri siano spariti ma di questo ci occuperemo in un altro momento. Benissimo ma… Come sempre c’è un ma a rompere. Fin qui tutto bene, finalmente qualcuno che ha smesso di dire pigri e ha iniziato ad occuparsi di loro. Sempre più mi trovo a lavorare con queste problematiche e quello che faccio nel mio lavoro di danzaterapeuta è di dare sostegno all’importante lavoro di logopedisti e neuropsichiatri.
Il mio lavoro consiste, ad esempio, nel dare un modo nuovo per contare, attraverso la musica. Un nuovo modo di memorizzare attraverso il disegno. Ristabilire ed allenare la coordinazione motoria. Insegnare a essere concentrati su quello che si fa attraverso l’ascolto musicale e la composizione coreografica.
Ma il punto fondamentale è far uscire il bambino dall’identificazione con il disturbo. Un concetto che sembra ovvio ma con il quale si deve sempre lottare… Chi ha un problema tende ad essere identificato con esso e così si smette di essere una persona unica e si diventa: il dislessico, il dentista, giovanni… Io sono io e mi chiamo Federica e faccio la danzaterapia e probabilmente ho un modo di funzionare che viene catalogato come dislessia… ma non sono tutto questo.
Nel capitolo 8 del, a parer mio, geniale libro VAFFANguru di Ka Bizzarro, l’autore ci invita ad eliminare te stesso riferendosi proprio a questo meccanismo.
“Tu sei una persona unica al mondo, come dimostrano le tue impronte digitali. Ma per parlare di te, usi delle definizioni che ti rendono tutto tranne che unica.”
Sembra assurdo ma succede, a tutti e soprattutto ai bambini e ragazzi e così si scatena un fiume di:
“Tanto io non ci riesco”
“Tanto non ce la faccio”
“Io sono dislessico”
Non è mai bene identificarsi in un ruolo, specie se questo vuol dire essere un disturbo o un deficit.
“Io sono una che ha sempre mal di testa”
“Io sono malata di cancro”
Smettere di essere la dislessia ma essere il te stesso unico che fa un po più di fatica a memorizzare le date, a fare di calcolo o che confondere le lettere fa un altro effetto. Sono certa che se ad Einstein qualcuno avesse detto: “Tu hai dei tratti che ti fanno rientrare nello spettro autistico”, non avrebbe mai fatto tutto ciò che ha fatto. Ma lui non lo sapeva.
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”
Mi raccomando soprattutto ai genitori, tutto questo non vuol dire ignorare il disagio del vostro bambino. Ormai i sistemi per aiutarli sono molti e ci sono professionisti che potranno aiutarli. Basta solo che quello non diventi il centro dell’attenzione. Può essere che tuo figlio non diventerà mai un matematico o uno scrittore, ma molto probabilmente sarà un pittore geniale, un musicista fantastico o uno sportivo da record.