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Zitto e senti!

Sorridiamo quando ci sentiamo morire e ci lamentiamo quando in realtà siamo felici.

“Sai ho detto che mi dispiaceva perdere il lavoro perché era quello che tutti si aspettavano dicessi ma in realtà quando l’ho saputo ho iniziato a respirare”.

“Devo sorridere sempre, mi hanno insegnato così. I miei genitori mi hanno insegnato che non è bene farsi vedere arrabbiati o tristi”.

Io questa cosa del sorridere per bon ton non l’ho mai capita… Perché dovrebbe essere maleducato dire che oggi sono triste perché ieri ho avuto una brutta notizia? Certo forse se invito amici a cena e poi passo la serata a sbraitare perché sono arrabbiata con il capo ufficio potrei non essere propriamente ospitale. Ma perché non dovrei dir loro che sono arrabbiata e devo passare la sera a far finta di niente?

Non dovrebbe essere che: gli amici sono quelli a cui confidi e affidi le tue emozioni? Alla fine della fiera per rispettare il galateo si finisce per non digerire la cena, il capo e forse anche gli amici. Troviamo scritto in ogni dove, anche nei miei stessi articoli, che bisogna ascoltarsi:

ascoltati per capire cosa mangiare;

ascoltati per capire cosa provi;

ascoltati per capire di che colore vestirti;

ascoltati per decidere cosa fare stasera o dove andare in vacanza…

Ma come si fa a sapersi ascoltare se fino ad un certo punto ti sei abituato a ricacciare giù quello che sentivi? La nostra mente, il nostro campo, è pieno di informazioni che ci sono state date e che ci hanno portati lontani dal sentire noi stessi. Quando proviamo ad ascoltarci spesso e volentieri quello che sentiamo per primo è il rumoroso parlottio di quello che ci hanno sempre detto sin da piccoli oppure l’assordante urlo delle nostre paure che ci mettono in guardia da ciò che potrebbe succedere. In fin dei conti se ognuno ad un certo punto dovesse iniziare ad ascoltarsi è molto probabile che la maggior parte di voi farebbero una valigia e scapperebbero molto lontano. O magari non farebbe nemmeno la valigia, scapperebbe e basta. O forse no.

Forse se solo si riuscisse ad arrivare al cuore della questione e al nostro, si capirebbe che quel senso di insoddisfazione è dato un po’ dalla noia e un po’ dalla paura di rimanere intrappolati. È anche probabile che in fondo tutto quello che ognuno vuole lo abbia a portata di mano e non lo veda più.

Quando nelle sedute di couseling chiedo di ascoltare il corpo per sentire cosa ha da dire quasi sempre accade questo, prima il nulla, poi il pensiero razionale e poi una miriade di scuse e giustificazioni che cercano di dare supporto alle paure. Personalmente, in questo momento, inizio a pensare che il vero segreto sia imparare a mettere a tacere tutte le voci e più che imparare ad ascoltare sia necessario imparare a stare in silenzio, imparare a mettere a tacere il campo e l’eco delle paure per sentire cosa dice il cuore, cosa ha da dire il corpo sottile, se così vogliamo chiamarlo per essere alla moda. Oppure come ha suggerito un collega tempo fa parlando ad una donna che doveva decidere se separarsi:

“Devi ragionare come se facessi un investimento in banca: se è a breve termine e devi investire poco, magari lo fai senza pensarci troppo e poi come va va. Ma investiresti tutto il tuo denaro in questo “affare” per 40 anni?” — I. MARTANI

Inizio a credere che a pensarci bene tutto può fare paura. Ma se davvero per un attimo riesci a spegnere tutto e ad immaginarti in silenzio nella situazione precisa in cui pensi di voler essere, nel preciso istante in cui riuscirai a sentire il silenzio, ecco lì potrai ascoltare il tuo cuore.

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